giovedì 22 novembre 2007

"Alberi d'Inverno"


Voglio iniziare subito fratello; mi è sempre piaciuto il contorno delle cose, partire da lontano e arrivare in centro, sempre più vicino, sempre più vicino.
Invece molti nella nostra epoca partono dalla meta e velocemente si allontanano dalla loro vita, dai loro sogni; aspirati senza pietà della logica del potere, alla ricerca di promesse ormai da troppo tempo infrante, schiacciate.

Ascoltami: io sono vivo perché ci stiamo perdendo.

Qualcosa che non va, te ne sarai accorto, c’è. Il freddo, il gelido distacco tra me e te è sempre maggiore, l’imbarazzo di una parola o di un abbraccio aumenta. Passiamo per la strada, pigri e folli di realtà, e se per caso ci scontriamo spalla contro spalla ci guardiamo, dalle nostre labbra esce un tiepido “mi scusi!” e controlliamo nelle tasche se c’è ancora il portafogli.
E la stessa cosa, se pur in dose leggermente minore, vale anche per voi, sorelline che state leggendo.

Vaffanculo.

Gli occhi del mondo sono sempre più chiusi e c‘è sempre meno spazio alla tenerezza di ogni giorno; vi prego, se non ve ne siete accorti, fatelo, guardate con spirito critico ciò che vi circonda, siate vivi.

Ma, in fondo, è più facile far finta di niente.
Finta di niente, che nulla succede.

O no?

Far finta di niente, fratelli. La scintilla che dà inizio ad ogni guerra.
La mia nazione è in guerra, una guerra di marketing fatta da facce di gomma che esportano democrazia e pace con i carri armati e tornano con barili di petrolio, ma in fondo io cosa posso fare? Faccio finta di niente.
Muoiono bambini del terzo mondo di malattie che noi possiamo curare; ma in fondo, cosa posso farci io, piccolo elemento lavoratore di una realtà meschina e senza tempo? Io faccio finta di niente perché la mia realtà è comoda e senza dolori, e le responsabilità che ho in qualità di essere umano e abitante della terra sembrano svanire, come la prima nebbia della notte che si arrende al giorno.
E se davanti a me, nella mia città, nelle mie strade, muore la gente di fame e di freddo? Cosa posso farci? In fondo guadagno mille euro al mese e non posso certo aiutarli io a mangiare e coprirsi.

Così se ne va la vita, e così le miserie umane continuano.
Disgustati senza saperlo, nel fondo dell’anima, dal perbenismo comune, siamo come alberi di un inverno perenne.

Mai il sole arriva a farci spuntare fiori e frutti nella mente.

Ma l’albero d’inverno, fratello, conserva, sotto la terra, in un posto arcano e irraggiungibile, un palpito di vita, un cuore caldo e rosso che pulsa, in attesa di liberarsi nella nuda terra, riscaldandola.

Noi siamo gli alberi.

Ascoltate uno degli ultimi gridi di un ragazzo che non può far altro che gridare; fate sbocciare i vostri rami, colorate il mondo con le vostre profumate essenze, stupitemi con i battiti del vostro cuore.

L’estate, fratelli miei, sembra così potente e lontana, ma è ai nostri ordini, è serva dell’uomo, e sboccia con i suoi colori quando la mente dell’uomo è pronta ad aprirsi.

Fatelo oggi, fatelo ora, se non a vostro nome, fatelo a nome dell’umanità, della pietà, della grandezza dell’uomo.
Uscite con il sorriso, parlate con i vostri simili che sono in strada, cercate di capire le loro parole a volte confuse e tartagliate, loro hanno ancora molto da dire.

Portate caldo dove c’è freddo, agite come un combattente con la spada, schierato nelle file dell’ultima speranza.

Fatelo, facciamolo insieme, miei poderosi e millenari alberi; dentro di voi pulsa la vita di migliaia di anni, dentro di voi avete la perla di visioni di sogni.

Fatelo, prima che qualche altro freddo e meschino idiota, con qualche ultimo ritrovato di una tecnologia evoluta ma già morta, tagli, cieco e senza speranza, le vostre profonde radici.

Mario Clavi
“Diario di un ragazzo immerso nel buio”
---Tutti i diritti riservati e proprietà dell’autore---

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